VIAGGIO TRA LE MAFIE: STORIA DI COSA NOSTRA
L’espressione “Cosa nostra” è stata coniata dal boss siculo-americano Lucky Luciano nel Dopoguerra, il quale ad una domanda di un affiliato sul nome da dare alla ristrutturazione della mafia (questo era il solo nome primigenio dell’organizzazione criminale nata in Sicilia e poi diffusasi in America) in Sicilia e in America, rispose che era “una cosa tra loro”, appunto “cosa nostra”, per mantenerne meglio la segretezza.
Cosa Nostra è una organizzazione criminale, la cui nascita risale ai primi dell’Ottocento, ovvero nel periodo in cui la nobiltà si trasferì nelle città e con il pretesto di proteggere gli agricoltori e contadini
dal malgoverno feudale, costrinsero gli agricoltori a pagare interessi per il contratto di locazione e a mantenere l’omertà.
Dal 1865 è ufficialmente considerata un’organizzazione criminale.
Nel 1863 Giuseppe Rizzotto scrive, con la collaborazione del maestro elementare Gaspare Mosca, “I mafiusi della Vicaria”, un’opera teatrale, scritta in siciliano, ambientata nelle Grandi Prigioni di Palermo, che aveva come protagonisti un gruppo di detenuti che godevano «di uno speciale rispetto da parte dei compagni di prigione perché mafiosi, membri come tali di n’associazione a delinquere, con gerarchie e con specifiche usanze, tra le quali veri e propri riti di iniziazione». È a partire da questo testo – che ebbe grande successo e venne tradotto in italiano, napoletano e meneghino – che il termine mafia inizia a diffondersi su tutto il territorio nazionale.
Nel 1947 ci fu la prima strage mafiosa dell’Italia repubblicana: a Portella della Ginestra, località vicino Palermo, il bandito Salvatore Giuliano aprì il fuoco su una folla di duemila contadini che si erano
riuniti per festeggiare il primo maggio, la festa dei lavoratori. Morirono undici persone, tra cui due bambini, e molti rimasero feriti. All’origine di questa prima strage c’era già l’oscuro intreccio tra mafia e politica che ha segnato tante terribili pagine della nostra storia. Portella della Ginestra rimane per molti aspetti un mistero d’Italia: il bandito Giuliano venne ucciso a sua volta, probabilmente perché non rivelasse i mandati politici della strage, e consegnato alla polizia proprio dal suo braccio destro Gaspare Pisciotta. Ma quando lo stesso Pisciotta minacciò di fare delle rivelazioni scottanti, fu trovato anche lui morto nel carcere dell’Ucciardone, a Palermo, avvelenato da un caffè alla stricnina.
Cosa Nostra è costituita da un sistema di gruppi, chiamati “famiglie”, organizzati con un rigido sistema gerarchico verticistico composto da gregari picciotti agli ordini di un capofamiglia detto
“padrino”. Ogni famiglia ha un capo, detto “rappresentante”, eletto da tutti gli “uomini d’onore”, assistito da un vice-capo e uno o più “consiglieri”. In ogni famiglia gli “uomini d’onore” (o “soldati”)
sono coordinati, a gruppi di dieci, da un “capodecina”. Tre famiglie costituiscono un “mandamento” e i capi-mandamento (anch’essi eletti) fanno parte della “Commissione” o “Cupola”, che è il massimo organismo dirigente di Cosa Nostra. La Commissione prende le decisioni più importanti, risolve i contrasti tra le famiglie, espelle gli uomini inaffidabili, controlla tutti gli omicidi.
Negli anni Ottanta, ad esempio, capo della Commissione era Michele Greco, detto il “papa”, arrestato nell’86 e condannato all’ergastolo come mandante dell’assassinio del giudice Chinnici e del generale Dalla Chiesa.
Di recente è nato a Palermo un Consiglio interprovinciale. Il primo mafioso pentito che parlò dell’organizzazione della mafia, nel ’73, è stato Leonardo Vitale, che però venne considerato pazzo, nonostante le molte piste che fornì ai giudici. Molti criminali da lui accusati furono prosciolti. Solo lui fu condannato. Appena uscito dal carcere, dopo aver scontato la pena, nell’84, fu assassinato a colpi di pistola mentre tornava a casa dalla messa domenicale.
Oggi Cosa Nostra rispetto ad altre mafie si è indebolita anche grazie alle grandi inchieste che ci sono state e a seguito delle grandi stragi del ’92 vi fu una vera e propria ribellione della società civile siciliana prendendo consapevolezza e dando origine alle tante associazioni presenti sul territorio.